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Maestro Tran Ngoc Dinh (mio padre)

Maestro Tran Ngoc Dinh Burned

Maestro Tran Ngoc Dinh


Maestro Tran Ngoc Dinh

La mia storia come uomo e come essere che cerca una strada nella vita inizia con l’incontro con il mio primo Maestro, Tran Ngoc Dinh, Maestro vietnamita (Kim Long – Drago D’oro).

Avevo 14 anni ed ero un teppista da strada, capobanda, maleducato, arrogante, attaccabrighe: insomma, una peste.

Oltre a tutto questo, praticavo la boxe in uno scantinato e quindi allenavo la forza bruta al di là della tecnica, e il gusto della violenza. Un giorno un mio vicino di casa mi parlò del suo Maestro, Tran Ngoc Dinh, e mi portò da lui e lì avvenne il primo incontro con il mio Maestro-Guru-Radice.  Lui mi ha subito capito ed io ho immediatamente compreso che dovevo stare zitto, silenzioso, ed imparare, e che quella era la mia strada.

Quando lo incontrai, c’era una cintura blu che stava dando l’esame di cintura nera; la scena era questa: l’esaminato era bendato e ai lati della palestra c’erano 20 persone, 10 a destra e 10 a sinistra, e lui doveva correre di lato, bendato, e saltare, parare, spazzare e arrivare alla fine della palestra senza colpire e senza fare del male; il tutto avveniva con una grande libertà di movimenti, fantasia, tecnica, efficacia. Il Maestro guardava la scena con occhi austeri e nel frattempo mi esaminava.

Il mio cuore era il cuore del Maestro: finalmente, dopo chissà quante vite, avevo trovato il mio Maestro. Dopo aver visto quella scena incredibile, mi avvicinai a lui e dissi: “Maestro, voglio studiare con lei!”. “Tu cambia!”. Mi cambiai e, appena entrato in palestra, subito posizione del cavaliere, fondamentali di gamba, i primi calci, addominali, silenzio, zitto, rispetto…

Questo fu il primo incontro con il Maestro.

Scrivervi del mio rapporto con il Maestro non è facile, anche perché gli aneddoti, le esperienze, gli insegnamenti sono talmente tanti che onestamente faccio un po’ fatica a ricordare tutto.

Il Maestro ha iniziato a praticare le arti marziali da giovanissimo, poi è diventato un campione di tai kun do (su internet è scritto in vari modi, come Tae Kwon Do). Poi, rendendosi conto che il tai kun do era limitato come stile (sport da combattimento e non arte marziale), ha iniziato a studiare con un Maestro vietnamita gli stili vietnamiti, le arti marziali vietnamite.

Con questo Maestro (che non nomino) il mio Maestro ha studiato molti anni, ha imparato molto e poi è diventato il braccio destro di questo Maestro vietnamita.

Come succede quasi sempre, il mio Maestro (Kim Long) si è accorto che l’insegnamento di questo Maestro vietnamita non era veramente valido.

Così il mio Maestro si è messo alla ricerca del vero Kung fu a Saigon  e qui, non proprio per caso, ha incontrato Ta Nam (Leone Bianco), un grandissimo Maestro di Kung fu e medico tradizionale cinese, capo dell’unico quartiere cinese di Saigon.

Quest’incontro non è stato facile perché la comunità cinese era assolutamente contraria che un giovane vietnamita venisse iniziato al Kung fu da Leone Bianco, riferimento spirituale e grande medico della comunità cinese di Saigon.

Il mio Maestro (Kim Long) era particolarmente portato per le arti marziali, estremamente intelligente, colto, corretto, dotato di una moralità d’acciaio e proprio per tutte queste qualità Leone Bianco lo accettò come figlio e come allievo del kung fu.

Da quel momento il Maestro iniziò a studiare con Leone Bianco  e contemporaneamente con vari Maestri cinesi in Vietnam. Il mio Maestro aveva il consenso di Leone Bianco, quindi poteva studiare con i Maestri cinesi di kung fu più qualificati.

Il rapporto con Leone Bianco non si interromperà mai, il mio Maestro fonderà il suo stile vietnamita e insieme porterà avanti le scuole tradizionali cinesi, addirittura migliorandole.

… Ma torniamo alla vita di palestra, quando ero solo un ragazzino arrogante...

Noi che studiavamo con il Maestro (almeno gli allievi più vicini) eravamo come dei figli per lui.

Tutti i giorni, o quasi, eravamo in palestra. Le parole chiave che il Maestro diceva sempre erano queste: “Cambia, allena, basso, forte, morbido, zitto, non so, cambia, allena e poi tutto da capo”!

Io ero affascinato dalla figura del Maestro, ma anche dalla figura di Leone Bianco, perché il Maestro spesso ci raccontava delle storie di Leone Bianco. Allora succedeva che io chiedevo al Maestro: “Ma quanti anni ha Leone Bianco?” . E lui : “100”. Passavano gli anni ed io facevo sempre la stessa domanda e il Maestro rispondeva sempre 100 : nessuno di noi ha mai capito quanti anni avesse veramente Leone Bianco…

Erano passati molti anni di pratica (in questi racconti non riesco a tener conto del tempo, quindi non sono proprio cronologici) ed io ero cresciuto a fianco del mio Maestro e mi stavo laureando in Legge. Avevo scelto una sala di studio proprio vicino alla palestra, per poter studiare e poi correre subito dal Maestro.

In tutti quegli anni il Maestro mi aveva insegnato tante cose e specialmente la vita, il senso del valore, il rispetto, la dignità, il coraggio, ma non mi aveva mai toccato fisicamente in modo affettuoso, mai!! Un giorno, dopo che avevo studiato per  5 - 6 ore, andai dal Maestro e gli dissi: “Ma scusi Maestro, io studio parecchie ore al giorno e normalmente ogni ora faccio una piccola pausa come tutti, ma vedo che gli altri ragazzi durante la pausa bevono caffè, fumano, parlano con le ragazze, insomma si divertono e invece io quando faccio la pausa alleno di nascosto le sue sequenze di kung fu! Non è normale Maestro? Non sono tanto normale?”. Lui, come al solito senza neanche guardarmi in faccia, disse: “Tu cambia e allena”. Mi allenavo da solo in questa fredda palestra buia e sentivo un senso di oppressione al cuore e di tristezza, perché mio padre, il mio Maestro, forse non mi aveva capito, forse non aveva capito che semplicemente mi sentivo solo, disperato e abbandonato a me stesso.

Dopo quella sua frase così dura, accadde una cosa incredibile… Mi stavo allenando e ad un certo punto sentii la mano del Maestro sulle mie spalle e lui, con una voce dolce e profonda, mi disse: “Tu erba velenosa, ma sei bravo, molto bravo”.

È stata l’unica volta in cui il mio Maestro mi ha toccato, ma soprattutto mi ha toccato il cuore.

Ancora oggi quando mi alleno sento la sua mano sulle spalle e in qualche modo riesco a fare ciò che mi ha insegnato.

…Passavano gli anni e la vita in palestra era più o meno sempre la stessa, anche se a volte succedevano cose molto particolari. Io avevo le chiavi della palestra e spesso dormivo lì, vivevo in palestra giorno e notte, perché quando litigavo con i miei genitori il mio punto di riferimento era il Maestro: i suoi consigli, i suoi rimproveri,  il suo affetto autorevole e la sua casa, la palestra.

Quando dormivo in palestra, il Maestro arrivava al mattino, apriva la porta e non so come si accorgeva subito che io ero lì e urlava: “Fix, hai litigato con la famiglia?” . Ed io, come un cucciolo bastonato, andavo verso di lui e dicevo: “Sì maestro, ho litigato”. A quel punto la sua frase era sempre la stessa: “Va bene, dai, cambia e allena”. Allora io tutto mogio andavo a fare le mie sequenze, ma nel frattempo il Maestro stava già chiamando mia madre, stava già prendendo un appuntamento per vederla nel pomeriggio stesso e poi verso sera tutto era sistemato. Il Maestro aveva parlato con saggezza e amore a mia madre e tutte le cose erano a posto.

Questo era il mio Maestro : una figura dura, autoritaria, ma allo stesso tempo un padre amorevole, presente e molto comprensivo.

Un giorno il Maestro mi disse: “Tu da oggi non paghi più”.  Ed io: “Perché?”. “Perché l’arte non si paga!”.

Un altro giorno, dopo molti anni di pratica, ero un po’ stanco delle formalità, perché con il Maestro si poteva parlare solo dandogli del lei, con le mani dietro la schiena e guardando verso il basso, così gli dissi: “Basta Maestro, ormai sono grande, basta mani dietro, punizioni, silenzi e tutte queste cose da Karate kid…Allora lui mi diede una risposta meravigliosa : “Senti Fix, tu puoi anche diventare il Papa oppure il primo Ministro o il Presidente della Repubblica, ma quando vieni qua tieni sempre le mani dietro e mi dai del lei. Sempre!”. “Perché?” . “Perché quello che io ti insegno (il kung fu) ti salva la vita e la vita è un dono che non ha prezzo, quindi le mani dietro e tutto il resto”. “Scusi Maestro, non avevo capito”. “Tu non capire mai, allenati!”.

Durante gli allenamenti succedeva sempre questa cosa: eravamo un gruppo di 10 – 15 ragazzi (anche qualche ragazza) e il Maestro insegnava, poi ci metteva tutti in fila e ci faceva fare una sequenza di pugni e parate; lui contava le sequenze, cioè il numero di pugni e parate, dicendo 15, 36, 54, 22 e tutti dovevamo finire con la stessa mano, o la destra o la sinistra.

C’era sempre qualcuno che si sbagliava, ma il Maestro non lo puniva, lui puniva invece tutti noi; diceva: “Lui ha sbagliato, allora tutti voi fate 40 flessioni”.

Alla fine della lezione c’era sempre il combattimento e la persona che ci aveva fatto penare tutta la lezione veniva regolarmente picchiata a morte.

… La pratica continuava : allenamento tutte le sere in palestra, discussioni sulla filosofia, spiritualità, senso della vita; io tempestavo il Maestro di domande sul senso della vita e il Maestro era vero, solenne, ma sempre gentile e presente. Mi regalava spesso dei libri, che io leggevo ma sicuramente non comprendevo.

Poi un giorno, stanco di questi continui dibattiti che non producevano nulla (almeno per me), domandai al Maestro : “Ma allora, alla fine di tutto, qual è la verità?”.  E lui rispose: “ Fix, la verità è che non c’è nessuna verità!”. 

Da quel momento in poi non ho mai più fatto domande sulla verità.

Grande Maestro!

… Un giorno (avevo più o meno 17 anni) ero stato lasciato come al solito dall’ennesima fidanzata, allora andai subito in palestra dal mio Maestro per parlare di ciò che era successo.

Arrivo, lui era sempre seduto a leggere e studiare, non mi saluta, mi siedo di fronte a lui e gli racconto della mia sofferenza e dell’abbandono. Il Maestro risponde così: “Fix, sempre la solita storia, si ripete continuamente non lo vedi?”. Io allora inizio a piangere, guardo per terra, mi dispero e continuo a piangere, poi dico: “Ma io la amo, è la donna della mia vita e mi ha lasciato”. “Ma che ami! Tu sei solo un cane che scodinzola, secondo te un cane che scodinzola ama?” . “A modo suo si”. “Lui pensa di amare, ma segue solo il suo istinto, l’amore non è solo istinto”, “Allora cos’ è?”, “L’amore è un’ educazione costante alla potenzialità e alla bellezza dell’altro, cosa che tu non conosci; è una pratica complessa che bisogna imparare piano piano; l’amore è educarsi, imparare il bene dell’altro al di là di quello che tu desideri”. Ma io ero troppo immaturo, infantile e questa risposta non mi bastava. Allora il Maestro continua così : “Va bene, dai, vai a prendere quei sacchi pieni di cemento (stavamo facendo lavori in palestra), vai a prenderli e portali fuori; poi pulisci tutto il tatami, allenati, fai la doccia e torna qua”.

Faccio tutto e dopo la doccia torno dal Maestro, e lui mi dice questa cosa meravigliosa: “Hai portato dei sacchi pesantissimi, hai pulito per terra con eleganza e forza, ti sei fatto la doccia, ti sei ricomposto e sei tornato da me. Questo forse non è l’amore supremo? Non è forse rispettare chi amiamo e fare del bene? E tu davanti a tutto questo amore ti lamenti per una ragazzina?” . “Maestro, ha ragione, scusi, non capivo”. “Come sempre tu non capire, ci vediamo domani!”.

… Un giorno come sempre mi stavo allenando in palestra dal Maestro; lui era serio, concentrato sui suoi libri e sull’insegnamento; eravamo soli ed io stavo praticando lo Shaolin del Sud. Ad un certo punto mi accorsi che era proprio dietro di me e mi disse : “Fix, tu ti devi ricordare sempre questa cosa, questo è un insegnamento importantissimo per il Kung fu e per la vita: ti devi ricordare che tutte le volte che esegui la sequenza di Kung fu devi sentire la mia voce, anche se non ci sono più, che ti dice  che non sei bravo, non sei abile, non sei capace, mai!”.  “Lo so, Maestro…”.

“ Ricordalo sempre, nel Kung fu, come anche nella vita, non si finisce mai di imparare”.

Tutte le mattine quando mi alleno sento sempre la voce del Maestro e sorrido.

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